domenica 10 aprile 2011

Racconto numero 22 - Il corridoio delle mansarde

Racconto numero 22
Il corridoio delle mansarde
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)

Donatella accese il pc portatile sulla scrivania antica di fronte a lei, e subito dopo aprì la gabbietta di Maxin: il gatto uscì stirandosi tutto e poi si accucciò nella cesta che Donatella gli aveva piazzato vicino alla scrivania, molto contento e soddisfatto. Quello sarebbe potuta essere la sua casa per qualche tempo, e sembrava più entusiasta all'idea che non Donatella.
Donatella digitò la password sul pc e controllò la posta, mandando il messaggio che avevano concordato prima che partisse in missione.
Poi iniziò a girare nell'ampia mansarda: la porta di ingresso, chiusa dietro di lei, era impenetrabile, non era possibile un'effrazione, ne era sicura, aveva ragione Marco della scientifica.
L'ampia stanza su cui si affacciava la porta di ingresso era luminosa, con i due grandi abbaini sul lato opposto: Donatella esaminò l'angoliera che c'era vicino alla porta, aprendola e guardando la collezione di piatti e bicchieri pregiati che c'era dentro: non c'era nessun secondo fondo dietro.
Maxin si incuriosì avvicinandosi e cercando di entrare nell'angoliera: Donatella lo tirò indietro e poi chiuse il mobile, proseguendo l'esame dell'ambiente.
La libreria occupava praticamente le pareti della stanza, abbassandosi sotto gli abbaini. Tanti di quei libri erano ben noti a Donatella, tra classici e romanzi d'evasione, altri che erano libri molto belli, illustrati, d'arte e di viaggi.
Donatella sorrise con amarezza.
Il cucinino si apriva vicino ad uno dei due abbaini, talmente minuscolo, ma curato e pulito. Maxin annusava, sentiva l'odore di un suo simile, che aveva abitato lì fino a non molto tempo prima.
Il bagno era accanto al cucinino, un po' più grande, essenziale, dove era impossibile nascondere delle cose: adesso era pulito, ma Donatella aveva visto le foto di dopo il fatto e sapeva che sarebbe bastato un po' di luminol per far rivenire fuori quello scempio di sangue, schizzato ovunque e lì in particolare.
L'altra stanza, quella da letto, si apriva da una parete di libri: il letto in stile ottocento, vicino all'altro abbaino, il comò in sintonia con il letto, con ancora le murrine e le statuine di gatti e damine, il vasto armadio in stile veneziano, i quadri appesi alle pareti.
Donatella continuò la sua perlustrazione, passo per passo.
Un colpo secco la fece sussultare. Poi un altro. Maxin si era gonfiato tutto e puntava verso l'armadio, dove due riproduzioni di giardini settecenteschi con fontane splendevano come fossero state dipinte ieri. Donatella aprì l'armadio, rimanendo stupita di come i vestiti fossero stati messi dentro in maniera disordinata, arruffati. E dire che nel comò le camicie e la biancheria intima erano impeccabili, riposte in mezzo a sacchetti di lavanda provenzale.
Toccò con le mani il fondo dell'armadio: sembrava in movimento, in contrasto con la solidità del mobile.

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