domenica 10 aprile 2011

Racconto numero 28 - Ventiquattr’ore


Racconto numero 28
Ventiquattr’ore
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)

In un abito di tela grezza avana, Gerlando Giassa arrivò alle dieci e tredici minuti.
La sua giacca, i pantaloni e la camicia celeste parevano stirati poco prima, il Borsalino beige con la fascia marrone era impeccabile.
Scese dall'aereo con passo arrugginito e si guardò attorno, sentendo caldo e freddo allo stesso tempo.
Al contrario dei venti africani di Selinunte, secchi e caldi, questa afa era umida e pesante, faceva sudare anche uno magro come lui, poco abituato a quella sensazione.

Pietro Carinni ora si chiamava Eusebio Machado e viveva nella capitale Gaúcha da quattro anni.
Sua moglie si era già alzata, stava chiacchierando da sola in cucina.
Lui invece riusciva a dire le prime parole solo dopo qualche tazza di caffè scuro e senza zucchero.
Si lavò sommariamente e si fece la barba, poi cambiò idea e s'infilò sotto la doccia.
Sorseggiò il caffè scendendo.
Il negozio di materassi era sotto casa, nello stesso palazzo.

Gerlando si sorprese di vedere che i taxi a Porto Alegre erano rossi.
Era stanco ed aveva un po' di nausea.
Pensava al sangue che si riciclava continuamente.

Avrebbero notato tutti che era uno straniero, nessuna novità, ci era abituato, era sempre stato uno straniero anche in Italia.
Dovunque si fosse spostato, si era sentito a quel modo.
Anche a Castelvetrano, quando era stato a rivedere la sua vecchia casa paterna e ad Agrigento dove aveva una zia alla quale era assai affezionato, ma un po' rimbecillita, che non lo riconosceva mai.
In quel momento un altro taxi si affiancò al suo in mezzo al traffico del centro e dentro c'era lei: zia Carmelina che indugiò guardando verso di lui con gli occhi spalancati come faceva sempre tentando di capire chi era.
Gerlando trasalì restando ad un metro dalla faccia dell'anziana defunta.
Poi lei si mise di profilo, la sua fisionomia cambiò... e lui aveva bisogno di riposo, era molto più vulnerabile quando non dormiva le sue ore.

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