martedì 29 marzo 2011

Racconto numero 16 - Sono un eroinomane

Racconto numero 16
Sono un eroinomane
                                                          (L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)

Sono un eroinomane. Sono un fottuto eroinomane.
Sono solo e tremo.
Ho i brividi e ho freddo, ma non è il freddo di questo fottuto inverno che non smette di infilzarmi il viso con i suoi aghi affilati e invisibili, quegli aghi che ti trafiggono la pelle, di continuo, senza sosta. Quegli aghi li dell’inverno. Quelli non mi fanno paura, quegli aghi li non mi fanno male. Il freddo che dico io non è sulla pelle, il freddo che dico io è dentro, nella testa, e da li scende e si irradia come un parassita, e cresce, si insinua, si dirama nella carne, nelle ossa, nelle viscere. Come un cancro. Si ho il cancro. Ma non è quel cancro li, quello che ha portato via la nonna due anni fa. Questo è più vigliacco, più subdolo. E’ un cancro freddo, ti stringe, ti stritola, ti fa piangere, ti fa piangere il cuore, da dentro. L’ho visto bene quel cancro li, quando ho dato un pugno in faccia a mia madre, la prima volta. Lei non si è rialzata subito, è rimasta li con la testa china, a guardare le mie scarpe, con le mani appoggiate sul pavimento. Ha aspettato qualche istante, poi si è alzata. Aveva lo zigomo arrossito. Io stavo li fermo e tremavo. Avevo paura. Ma non di lei, purtroppo.
Lei mi ha guardato. Non ha detto niente. Mi ha guardato e mi ha dato quei fottuti cinquanta euro. Aveva gli occhi gonfi mentre prendeva quella carta dal barattolo dei bucaneve. Una volta ci metteva i bucaneve, in quel barattolo. Erano per me i bucaneve, una volta. Aveva gli occhi gonfi, ma non ha pianto. Mi guardava. E mi ha dato quei fottuti cinquanta euro. Non mi ha detto niente.
Questo è il cancro. Ho visto il cancro quel giorno li. Questo è il freddo.
Ora sto appoggiato qui, alla pensilina del quarantatre, e dall’altra parte della strada c’è il tuo fottuto negozietto precisino.
E ti guardo. Dentro alla tua edicola di merda, in mezzo a tutti quei giornali di merda. Lo sai che ci sono scritte un sacco di porcherie su quei giornali di merda ? E ti fai anche pagare per vendere quelle porcherie alla gente. Vigliacco.
Non ti conosco, e non ti voglio conoscere. Mi stai davanti e ti guardo, ti guardo e mi fai schifo. L’hai vissuta bene la tua vita ? Sembri una pera raggrinzita senza capelli dietro a quei fondi di bottiglia. Con quelle manine affusolate e piene di rughe

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