Racconto numero 11
Il cambio delle regole
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)Il nostro era un gioco semplice e con poche regole.
Regola numero uno: nessuna formalità o ufficiosità. Regola numero due: noi da soli eravamo importanti. Il resto, in quanto tale, non lo era. (Questo implicava che la vita privata non potesse intromettersi). Regola numero tre: niente sesso. Avrebbe solleticato con eccessiva facilità i sentimenti, che dovevano rimanere un affare personale, da non scoprire.
Io giocavo bene e non aveva mai infranto le regole.
Rettifico: non aveva mai infranto le regole fino a quella notte.
Uscii di casa tardi, più o meno verso le undici passate. Avevamo appuntamento al Lounge Paris Caffè e io avevo passato le ultime due ore a prepararmi, non perché ci tenessi a rendermi particolarmente attraente per lui, ma piuttosto perché mi eccitava l'idea che qualcuno fosse in attesa del mio piacevole aspetto e della mia stuzzicante presenza, come lui aveva definito. Ero una bella donna e credevo di non aver bisogno di un uomo che me lo ricordasse continuamente. Invece la verità era che non ero abbastanza forte, né onesta con me stessa, da capire di essere totalmente dipendente dagli sguardi altrui.
Aprii la porta del bar e fui avvolta dal sottile elettro jazz che suonava in sottofondo, qualcosa che riusciva indiscutibilmente a tranquillizzarmi. Scelsi un tavolino affianco alla vetrata scura, così avrei potuto guardare le macchine parcheggiarsi. Dopo circa dieci minuti vidi un'auto blu rallentare sulla strada di fronte e svoltare verso il bar. Un po' nervosa sorseggiai il mio prosecco con pompelmo, godendo di quella frizzante sensazione fra le labbra, finché dopo pochi istanti sentii la porta alle spalle socchiudersi e un passo sicuro avvicinarsi, fino al mio tavolo. Non mi voltai fino a che non sentii una mano sfiorarmi i capelli, leggera, allora alzai gli occhi dal bicchiere e lasciai che i nostri sguardi si incrociassero con intensità. Era un attimo importante, quello: il primo impatto dei nostri visi era di un magnetico insolito, che arrivava puntuale ad elettrizzarmi. Gli sorrisi con una sottile malizia, come a voler riprendere il gioco da dove lo avevamo lasciato l'ultima volta. Facevamo sempre così.
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