martedì 29 marzo 2011

Racconto numero 13 - L'ultimo quadro

Racconto numero 13
L'ultimo quadro
                                                          (L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)

“Ancora qualche pennellata, poi è finito. Solo un po’ di pazienza, amore.”
I colori si mescolano sapientemente sotto i piccoli, precisi colpi del pennello di cinghiale.
“Questa luce è meravigliosa! Mi fa tornare alla mente il nostro viaggio in Provenza, te lo ricordi? Che manto di colori riesce ad avere quella terra in primavera, meravigliosi. E il profumo di lavanda, ricordi? Inebriante…”
L’aria frizzante entra generosa nelle narici, simulando il profumo del ricordo. Un rapido gesto della mano libera lo interrompe.
“Sì, lo so: a te non è mai piaciuta la lavanda. Ma io, invece, l’ho sempre amata, come mia nonna. Angela, intendo, la mia nonna preferita. Lei sì che sapeva sentire la vita. È lei, sai, che mi ha trasmesso l’amore per l’arte, per i colori. È con lei che ho iniziato a disegnare, da bambina. Ci passavo le ore nel suo tinello, a trasformare il bianco dei fogli di carta in fiori, animali, frutta, tutto quello che mi capitava a tiro. E, naturalmente, a far ritratti alla nonna. Quando ero già più grandina, s’intende.
Fermo lì, fermo lì: sì, ecco, mantieni quel profilo, che c’è un raggio di luce che ti sta accarezzando il viso… così.”
Il pennello si ferma a mezz’aria, nel gesto contemplativo dell’opera in corso.
“Ah, amore, sei bello come un dio, oggi, bello come credo di non averti mai visto. Sarà questa luce, sarà l’immobilità di questo pomeriggio. Ma tu sei sempre bello, ed io te lo dico anche troppo spesso. Inutilmente, tra l’altro, perché ne sei assolutamente consapevole, da sempre. Il mio uomo vanesio…”
La palpebra dell’occhio sinistro trema, un leggero rapido tremito, che non si ferma. Un dito vi si appoggia, nel tentativo di bloccare quel piccolo disturbo: inutile. Tanto vale arrendersi e ignorare il fastidio.
La mano posa il pennello sottile su di un fazzoletto, dopo averlo intinto nell’acquaragia, e si indirizza su di uno più folto.
“Lo sfondo è importante, sai, per dare risalto alla tua figura. È soprattutto una questione di luminosità.”
Le dita ricominciano a lavorare sapientemente sopra la tela, posta sul cavalletto, di fronte a lei.
“E la luce oggi, tesoro, è proprio quella giusta, la luce di queste ore di metà pomeriggio, in marzo, con le giornate che si allungano, quasi si stiracchiassero come gatti, non trovi? Bella quest’immagine, no? Stiracchiarsi come dei gatti…”
Lo sguardo si perde per un attimo sul terreno, quasi sorpreso, poi ritorna a concentrarsi sulla tela, mentre il pennello lavora.

Nessun commento:

Posta un commento