giovedì 10 febbraio 2011

RACCONTO numero 2 - La meretrice

Racconto 2
LA MERETRICE
(L'autore rimane anonimo per favorire l'imparzialità)


Si chiamava Elena e pensava di essere come quella Elena del mito, bellissima, amata, capace di scatenare una guerra con il proprio fascino. Non era così, era una donnetta insipida e persino brutta con il suo aspetto simile allo stereotipo della strega: lunghi capelli neri e ricci, il volto con il naso aquilino e gli occhi feroci circondati dai segni di un tempo che passava anche per lei. Compensava il proprio aspetto con una falsa simpatia che sapeva incantare, mentre il suo animo elaborava crudeltà mentali, perseguendole sino all’annientamento della vittima prescelta. Lei le vittime le sceglieva minuziosamente, le irretiva come un ragno con la tela, ne carpiva la piena fiducia, poi le uccideva. La morte che riservava non era mai fisica, ciò che cancellava con abilità distorta era l’esistenza, la serenità, la felicità.
Elena era una meretrice, ma non di quelle che vendono se stesse, no, quelle sono prostitute, non meretrici! Lei era una meretrice di quelle che parlano di valori e poi per prime li infrangono continuando a sostenerli e accusando gli altri. Dava parvenza di perseguire il giusto e passava le giornate a giudicare, sancendo regole bigotte e retoriche. Elena era sposata con un omuncolo qualunque, scelto perché non capisse, non contestasse, completamente fascinato da lei, perché certe meretrici sanno abbattere le difese pur senza alcun merito visibile. Elena aveva una figlia, una bella figlia, venduta per soldi al miglior offerente alla prima richiesta, ancora bambina senza che se ne rendesse conto. Ma Elena aveva anche un amante, un giovane che come il marito non aveva retto le sue capacità seduttive e si era lasciato rovinare la vita, perdendo lentamente moglie, amici, dignità. Anch’egli un fantoccio senza rilevanza nelle mani di un burattinaio pazzo che era Elena.
Elena aveva ferito e infangato tante persone, le aveva piegate sotto il giogo della maldicenza oppure le aveva indotte a reazioni inconsulte, inneggiando poi la Legge. Elena puntava sempre i più deboli, i suoi bersagli preferiti erano i bambini e faceva in modo che i genitori degli stessi fossero giudicati inadatti. Lei che aveva venduto la verginità di sua figlia a un vecchio…
Elena era razzista, ma di un razzismo gretto e infantile, senza basi, senza giustificazioni neppure storte perché Elena era ignorante, un abisso illetterato per certi versi, incapace di comprendere le differenze tra religione, razza, stirpe, genia.
Fu questo il passo falso che, dopo anni di ipocrita simpatia atta al danneggiamento, fece trovare la meretrice Elena riversa sul marciapiede ad annegare nel proprio sangue.

Il maresciallo Rozzi osservò la scena del crimine senza emozione. Eppure la gola era stata tagliata di netto, con una precisione che riconobbe subito. Erano stati gli albanesi. Il gruppo degli albanesi era noto in paese e temuto ovviamente e contrastato, nei limiti delle possibilità che dava la Legge. L’appuntato accanto a lui non tratteneva conati di vomito e lo invitò ad allontanarsi: non valeva la pena star male per la meretrice Elena.

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